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Lexuar 6396La città di Shkodra, Scutari in italiano, Uscudar in Turco, Skadar in Montenegrino è il centro ur- bano più importante del Nord dell’Albania, la quarta città per abitanti nel paese, punto di incontro delle culture delle valli profonde e delle montagne del Nord. Sorge nella zona sud-est del lago Scutari, il lago più grande degli interi Balcani, che divide con la regione meridionale del Montenegro (169 km2 in Al- bania; 199 km2 in Montenegro) dove la maggioranza della popolazione è albanese. Scutari è il simbolo più conosciuto di una condizione singolare che riguarda tutti i confini dell’intera Albania: il paese è circondato da altri albanesi che rappresentano minoranze etniche come in Macedonia o maggioranze come in Kossovo. È la città capitale del distretto (rrethet) Scutari. L’area è attraversata dai fiumi Drini, Buna, Shala, Kiri e Cemi. La catena montuosa delle Alpi albanesi creano paesaggi suggestivi, con il monte Jezerca (2.692,1). Il cuore della città è la fortezza di Rozafa che domina Scutari dalla collina alla confluenza tra i fiumi Buna e Kiri, con un perimetro di 600 Vista di Scutari dalla Montagna metri e un’area di 6 h. e sette torri costruite e ricostruite da ve- neziani e ottomani sui resti dell’antica struttura di un forte risalente agli Illirici. Il nome del castello deriva dalla leggenda di Rozafa, moglie di uno dei costruttori della fortezza. (vedi finestra “La leggenda di Rozafa”).
La città, grazie alla sua posizione è sempre stata un centro importante della cultura albanese e di collegamento tra il mondo della società locale con le diverse anime del Mediterraneo orientale, lungo i secoli che hanno prece- duto la fondazione di uno stato nazionale. A Scutari visse ed operò nei lunghi anni dei tre as- sedi della città da parte ell’esercito turco, l’umanista Marin Barleti. Dopo la presa della città da parte della Sublime Porta, Barleti si trasferì in Italia dove pubblicò in latino “De obsidione Scodrensis” (“L’assedio di Scutari” Venezia 1504) e “Historia de vita et gestis Skanderbergi” (Storia della vita e delle gesta di Skanderberg” Roma 1508) che fece conoscere le imprese e la lotta di Skanderberg contro l’Im- pero turco. Gjon Buzuk, un altro scrittore del Nord dell’Albania, della cui vita non conosciamo nulla, scrisse a Venezia nel 1555 il libro più antico in albanese: 188 pagine “Meshar” (Il Messale), una serie di preghiere di commento al Vangelo. Uno degli scrittori più noti nato a Scutari è il poeta e romanziere Migjeni (Milosh Gjegi Nikolla 1911 – 1938). Nato in una famiglia ortodossa aveva studiato a Bar e a Bitola in Macedonia. Fu maestro di scuola e morì giovanissimo di tubercolosi in un sanatorio italiano. Il suo solo libro di versi, Vargjet e lira” (Versi liberi) fu composto tra il 1933 e il 1935. Il tema principale delle liriche sono la sofferenza e la miseria. La raccolta di 35 poemi, pubblicata nel 1936 fu immediatamente vietata dalle au- torità.
Scrisse anche una serie di racconti brevi intitolata “Tregime nga Qyeti i Veriut” (Cronaca mai scritte che funzionano per millenni, il mondo di vita locale con i ritmi sempre uguali e sem- pre diversi perché adattati al momento particolare. La storia del Nord albanese è uno dei temi della grande analisi innovativa di Braudel e degli storici degli Annales francesi. I piccoli scambi, i commerci, le migrazioni locali, la sopravvivenza funzionale della 16 che di una città del Nord), dove descrive e racconta la vita a Scutari durante il regime di Re Zog, trattando anche il tema della pro- stituzione che allora era un tabù assoluto in Albania. La storia vera e propria della regione di Scutari, così come è accaduto per il resto dell’Albania, si articola tra due realtà: da una parte la storia degli avvenimenti, il grande confronto storico tra Occidente ed Oriente che si sviluppa proprio nel pic- colo Adriatico, dall’altro la conti- nuità straordinaria della società tradizionale locale, con regole tradizione cominciano a produrre una vera e propria Koinè adriatica, proprio quando dalla fine del Cinquecento, la regione esce dalla grande storia. Il mito della fondazione di Rozafa, ci dice che gli insediamenti umani sono contemporanei alla diffusione delle civiltà micenee. Sappiamo, per certo, che Scutari fu abitata fin dall’età detta del bronzo da popolazioni illiriche della tribù dei Labeati, ma nel III secolo a.C., la tribù prevalente nell’area era quella degli Ardeati. Nel terzo se- colo a.C. un regno illirico governò la regione e Scutari ne fu la capi- tale. Le cronache raccontano del re Agron. Figlio del re Pleuratus che governò dal 250 al 230. La regina Teuta, sua moglie, rimane uno dei miti più noti tra gli albanesi, per aver combattuto contro i romani. L’ultimo re illirico fu Gen- tius. Figlio del re Pleuratus, dopo scontri ripetuti, proprio a Scutari fu sconfitto dall’ esercito romano comandato da Lucio Anicio Gallo e fu condotto a Roma nel 167. La società locale illirica, organizzata sui commerci, la navigazione, ma anche sulla forte organizzazione locale, come il regno testimonia, si trovò ad essere inglobata nel vasto impero romano, senza per- dere le caratteristiche locali. Nel 395 d.C. l’imperatore Teodosio, in
piena decadenza della civiltà ro- mana divenuta oramai mediterra- nea ed europea, divise l’impero in due con quella che oggi chiamiamo la linea di Teodosio. Scutari divenne parte dell’Impero d’Oriente e quella linea segnò un destino molto lungo per l’intera Albania. Bisanzio controllò l’area per altri secoli, ma dalla fine del VI secolo, iniziò un periodo di in- cursioni dei popoli esterni, slavi, bulgari, con ritorno di controllo da parte dei Bizantini. Le cronache raccontano questi cambiamenti, ma nel 1346, Scutari organizzava la propria convivenza sulla base di statuti cittadini, segno chiaro di autonomia locale. Gli Ottomani occuparono la città, ma nel 1396, Scutari divenne città della Repubblica di Venezia fino al 1479, quando dopo gli anni della lotta di Skanderbeg contro i Turchi e dell’indipendenza albanese, l’impero di Istanbul prese il controllo dell’intera Albania. Ma nello stesso periodo, il mondo della vita locale seguiva percorsi diversi scavati all’interno della storia uffi- ciale e con la esse maiuscola. Sappiamo dalle cronache econo- miche minori (si fa per dire) che durante tutto il Medioevo, Scutari fu un centro di produzione di seta e alla fine del XIV secolo, troviamo pagamenti di diritti di frontiera che indicano un export significativo di seta. Vi sono testi- monianze di import di panno bergamasco e di altre produzioni meno pregiate, testimonianza di una manifattura significativa, integrata in una rete di scambi, lon- tana dagli avvenimenti politici. Nell’area di Scutari si producevano manufatti di seta e abiti non solo per il consumo locale, ma per il mercato, come viene testimoniato in Kanuname Scutari nel 1570. Politicamente, nei lungi secoli della dominazione turca, minazione turca, Scutari conserva rapporti commerciali con Venezia. Quando la grande storia fece di nuovo irruzione tra i monti e lungo il lago della regione, la vitalità della società locale, emerse di nuovo con determinazione. Nel 1879 uscì a Scutari il primo quotidiano di Scutari fu organizzato in Sangiaccato relativamente autonomo, dominato da famiglie locali. La reale autonomia fu ‘organizzazione della società locale, quella rurale fatta di pastorizia, di regole non scritte, di tradizioni e di relazioni in continuo cambiamento par- ziale di adattamento alle situa- zioni, ma sempre uguali nella sostanza, in un clima di continuità raro in altre parti d’Europa. I pastori illustrati nelle opere di Unufri, poco si differenziano da quelli dei secoli successivi. Ai primi del Novecento, il movimento nazionale di indipendenza albanese trovò, in esponenti come Luigj Gurakuqi, terreno fertile. Nel 1911 la rivolta nel Nord dell’Albania contro la dominazione turca, con la partecipazione attiva degli abitanti delle montagne, segnò, di fatto, la fine dell’amministrazione di Istanbul. Il 13 Ottobre del 1912, a soli quaranta giorni dalla proclamazione dell’indipendenza albanese (28 Novembre), Scutari subì il più lungo assedio della propria storia da parte dell’eser-cito di re Nicola del Montenegro. Solo dopo sei mesi, la città si ar- rese. Ma le truppe montenegrine dovettero ritirarsi, grazie alla pressione internazionale e alla determinazione degli abitanti della città che si proclamarono città albanese. Dal maggio del 1913, Scutari visse sotto l’amministrazione delle potenze europee.
Il 28 Novembre del 1914, la bandiera albanese fu issata sul forte di Rozafa e le foto Marubi documen- tano l’evento. Intanto a Durazzo, era sbarcato il principe Wilhelm Wied, re di Albania designato in un ultimo delirio delle grandi potenze europee, impegnate nel suicidio collettivo della Prima Guerra Mondiale. Le truppe inter- nazionali lasciarono il campo alle truppe di Weid il 16 marzo del 1914, solo 4 mesi prima dello scoppio della Grande Guerra. La zona delle montagne detta Male- sia, aveva partecipato agli eventi, ma il Canun, la Besa, le relazioni familiari e di villaggio erano sempre vive, anche se in modo di- verso. Come era accaduto con Wilhelm di Weid, anche l’ammini- strazione italiana scaturita dall’in- vasione del 1939, durò lo spazio di un mattino (storico) e si trasformò presto in occupazione di guerra prima italo – tedesca e dopo l’8 Settembre 1943 in occupazione tedesca. Nel paese emerse la resistenza contro le forze dell’Asse. I comunisti e i nazionalisti, semplificando lo schema, ne furono protagonisti in proporzioni diverse. A Scutari operarono entrambe le forma- zioni. Dopo la fine dell’occupazione, con la preminenza dei comunisti, Scutari divenne una città “difficile”. Le istituzioni religiose furono nel mirino di restrizioni, poi chiuse nel 1967 in tutta l’Albania e Scutari era un centro storico ed istituzionale della vita religiosa. La città era amministra- tiva, commerciale, con una forte rendita urbana e le città furono indirizzate verso uno sviluppo da poli industriali. A Koplik e Postriba nel 1945 – 1946 si verificarono rivolte contro il nuovo regime. Le prime, cronologica- mente, dell’intero nuovo “continente” socialista. Scutari divenne una città industriale nel settore tessile, nella manifattura dei tabacchi, nella lavorazione del legno e del rame. Nel 1990, la mobilitazione anti regime si sviluppò e le istituzioni religiose riaprirono. Nel 1991, nel corso di manifestazioni antigovernative contro le frodi elettorali, quattro dimostranti rimasero uccisi durante gli scontri con la polizia, ed oggi c’è un monumento che ricorda l’episodio. Lo sviluppo successivo della città nell’economia di transizione al mercato, ha modificato il volto della città, ma lo stravolgimento urbano è visivamente minore che in altre città albanesi. Il centro è rimasto una testimonianza ancora viva delle architetture del passato e in que- sti ultimi anni, le operazioni di re- cupero e di arredo urbano stanno definendo il volto della città come un paesaggio urbano dalla intensa vita di passeggiate, caffè, centri che caratterizzano la vita albanese.