Antonio Gramsci, l’ultimo illirico di Sardegna

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Lexuar 2870
Quest’anno  si celebra il settantresimo della morte di Antonio Gramsci, avvenuta appena fuori delle carceri fasciste. Lo studioso di Ales inventore del Partito Comunista d’Italia, che coi suoi moti di piazza eccessivi (il “biennio rosso”) fu in parte responsabile della successiva reazione codina e autoritaria, viene ricordato soprattutto per la grandezza del suo pensiero di recluso. I quaderni dal carcere e le lettere indirizzate ai parenti sono ancora oggi al centro di studio notevoli, più fuori d’Italia (ca. il 40 % della bibliografia a lui dedicata parla altre lingue) che non al suo interno dove si ha tuttavia sotto l’ala dei prossimi ex diessini, un affermato centro di Studi a lui dedicato (Fondazione Gramsci). Ricordare Gramsci significa in questo frangente ricordare un sardo di matrice arberëshe per parte di padre e campidanese (cioè della Sardegna meridionale) per parte materna. Gli antenati erano approdati secondo alcuni studi al tempo dei Turchi in Italia meridionale e da lì, divenuti funzionari borbonici in Calabria (a Plataci in provincia di Cosenza), si erano spostati dopo la fusione col Regno d’Italia, in Sardegna. La famiglia di Gramsci quindi nonostante i proclami che una certa sinistra demagogica ha spesse volte emesso, non apparteneva al proletariato (come volle far credere Togliatti), ma a una piccola borghesia provinciale, decaduta solo per qualche malversazione del padre. Ancora si ricordano nel Sud Italia cognomi simili, sempre d’origine albanese, come Gramisci, Gramesci o Craxi. Il cognome è una classico detoponomastico (come spessissimo avviene tra gli albanesi) derivando infatti dal nome del distretto dell’Albania centrale di Gramsh (a sud di Tirana), con l’omonima cittadina.

Così Gramsci ricordava le sue origini (in modo impreciso: giacché la famiglia è attestata prima del 1800 in Italia)

“mio padre è di origine albanese recente. Tuttavia la mia cultura è italiana fondamentalmente e questo è il mio mondo: non mi sono mai accorto di essere dilaniato tra due mondi, sebbene ciò sia stato scritto nel “Giornale d’ Italia” del marzo 1920 (…). L’essere io oriundo albanese non fu messo in gioco perché anche Crispi era albanese, educato in un collegio albanese e che parlava l’albanese:”

Un po’ come l’Isidro Parodi borgesiano, che risolveva gli enigmi dal carcere, Gramsci viene visto come una sorta di intellettuale monade, che pur avendo pochi contatti con l’esterno riesce in una forma apparentemente frammentaria, e in condizioni ambientali e fisiche (fin da piccolo soffriva di una grave malattia che lo aveva minato nel fisico), a elaborare un pensiero originale. La malattia non gli aveva impedito comunque di trovare moglie a Mosca (vogliamo credere tutta a lui devota), che gli diede due figli, spesso protagonisti del suo carteggio.

Alberto Areddu

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Posted by on 04/06/2010. Filed under Albania. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0. You can leave a response or trackback to this entry

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